Coordinamento 9 Dicembre
RIFIUTARSI DI PAGARE LE TASSE E’ UNO DEI METODI
PIU’ RAPIDI PER SCONFIGGERE UN GOVERNO ,MAHATMA GHANDI
Coordinamento 9 Dicembre
Fatti e rifatti ..................
http://www.omicidiostradale.it/ AD
OGGI ABBIAMO RAGGIUNTO
79636 ADESIONI
Omicidio stradale, Renzi:"Cari
Stefania,Valentina e Stefano finito tempo impunità.Nel 2015 la legge"
Il presidente del Consiglio si impegna anche per l'ergastolo
della patente, e assicura: "Se l'iter parlamentare si blocca, interverrà
il governo"
"È fondamentale che sia chiaro che
sull'omicidio stradale, sull'ergastolo della patente, sul senso di lotta contro
l'ingiustizia sulla strada che porta una persona sotto effetto di stupefacenti
a falciare e uccidere un ragazzo di 17 anni, il tempo dell'impunità è finito.
Vi garantisco che il 2015 sarà l'anno in cui le cose avranno finalmente
compimento dal punto di vista normativo", conclude. - See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Renzi-stop-impunita-nel-2015-legge-su-omicidio-stradale-d472115a-5390-4b3a-875d-44246a81f507.html#sthash.O2JqzqJp.dpuf
«Approvate il reato di omicidio stradale»
La madre di Michel incontra in pubblico il sottosegretario
D'Angelis. E lui assicura: «Lo faremo nell'anniversario dell'incidente di
Arcole»
il Sindaco di Veronella dice invece....
il Sindaco di Veronella dice invece....
«Io al reato
di omicidio stradale non ci credo, perché non penso che non sia un deterrente,
ma ritengo che sia necessario che i giudici applichino sul serio le pene e che
poi non vengano fatti i decreti svuota-carceri.....
L’Anno Nuovo dovrebbe essere per
ognuno di noi la speranza, l’attesa di un futuro migliore e la fine della
crisi, ossia la crisi nel lavoro, nei consumi, insomma quel periodo dove
l’economia va a rotoli. Il nostro paese è oramai noto per i suoi continui
cambiamenti sulle tasse, sulle leggi in generale,
ma non sempre migliorano il nostro stile di vita, anzi il più delle volte pare
che l’Italia faccia un passo indietro in confronto ad
altri paesi europei.
Il Governo Renzi ha pensato bene di depenalizzare 112 reati per limitare il peso sulla Giustizia italiana, ma da parte dei cittadini e degli agenti di pubblica sicurezza, la delusione e l’amarezza prendono il sopravvento.
Il Governo Renzi ha pensato bene di depenalizzare 112 reati per limitare il peso sulla Giustizia italiana, ma da parte dei cittadini e degli agenti di pubblica sicurezza, la delusione e l’amarezza prendono il sopravvento.
I reati depenalizzati dal Governo Renzi vengono considerati minori, ma teniamo presente che vanno a condizionare
sensibilmente la vita di tutti i giorni delle persone e il fatto che diventino
non perseguibili dalla legge, farà cadere quella sensazione di tutela tra i
cittadini onesti, mentre darà maggior certezza di non essere puniti a quei
soggetti abituati a commettere crimini. Sta di fatto che non è possibile
considerare reati di minore rilevanza lo stalking, la frode, l’omicidio colposo e molti altri, ma vediamo insieme
alcuni dei reati depenalizzati dal Governo Renzi.
Elenco dei reati depenalizzati
È un reato depenalizzato abbandonare bambini o persone
disadattate. Lo stalking (vedi sotto) secondo il Governo
Renzi non è più perseguibile dalla legge. Corrompere un minore è divenuto un reato
depenalizzato. Vendere farmaci scaduti e
alimenti tossici non sono più condannabili dalla legge. Non sono più
penalizzati dalla legge gliatti osceni in
luogo pubblico. Non è più considerato un reato censurabile dalla legge l’intralcio alla giustizia.
Occultare un cadavere non è considerato un reato punibile dalla legge. È stato
depenalizzato il reato di omicidio colposo; l’omissione di soccorso e l’omissione di referti non sono più soggetti a
condanna. Le violenze domestiche sono reati
depenalizzati. Atti oltraggiosi verso un
loculo e verso un corpo senza vita non sono più
perseguibili dalla legge; il fatto di commettere un furto non è passibile dalla legge. Diffamare le persone non è più punibile dalla
legge; Giocare d’azzardo non è più soggetto a condanna.
Questi sono solamente alcuni dei reati depenalizzati dal Governo Renzi e secondo quanto ha dichiarato
il Premier, il maltrattamento degli animali non
verrà legittimato. Nel frattempo la Federazione italiana per i diritti degli
animali e dell’ambiente aveva proclamato una manifestazione prevista
per sabato 24 gennaio 2015, per contrastare la disposizione di legge di Matteo Renzi.
Non è più considerato
grave somministrare medicinali guasti o imperfetti. La multa prevista, se non
cagiona danni al paziente, è al massimo di 103 euro e il proscioglimento è
garantito perché l’art. 131bis prevede proprio la tenuità del fatto del reato
di pericolo. Ma nel caso in cui si cagionino dei danni anche gravi? In questo
caso si applicano i già esaminati artt. 582 e 583 (nella parte considerata
all’art. 571) ed anche in caso di morte, se all’infermiere sfugge la data di
scadenza, si applicherà quanto vedremo in caso di omicidio colposo
continua su : http://www.nurse24.it/reati-infermieristici-depenalizzati-dal-governo-renzi/#ixzz3N7mTLctX
112 REATI DEPENALIZZATI, ECCO
L’ELENCO COMPLETO
– Abbandono di persone minori o incapaci –
art.591 c.p. co.1
– Abusivo esercizio di una professione – art
348
– Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina
– art.571 c.p.
– Abuso d’ufficio – art.323 c.p.
– Accesso abusivo ad un sistema informatico o
telematico – art.615 ter
– Arbitraria invasione e occupazione di
aziende agricole o industriali. Sabotaggio – art.508 c.p.
- Adulterazione o contraffazione di cose in
danno della pubblica salute – art.441 c.p.
– Appropriazione indebita – art.646 c.p.
– Arresto illegale – art.606 c.p.
– Assistenza agli associati (anche mafiosi) –
art.418 co.1 c.p.
– Attentato a impianti di pubblica utilità –
art.420 c.p.
– Attentati alla sicurezza dei trasporti –
art.432 c.p.
– Atti osceni – art.527 c.p.
– Atti persecutori (stalking) – art.612 bis
co.1
– Commercio o somministrazione di medicinali
guasti – art.443 c.p.
– Commercio di sostanze alimentari nocive –
art.444 c.p.
– Contraffazione di indicazioni geografiche o
denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari – art.517 quater
– Corruzione di minorenne – art.609 quinquies
co.1 c.p.
– Crollo di costruzioni o altri disastri
dolosi – art.434 co.1 c.p.
– Corruzione – art-318 c.p.
– Danneggiamento – art.635 c.p.
– Danneggiamento a seguito d’incendio –
art.423 c.p.
– Danneggiamento seguito da inondazione,frana
valanga – art.427 co.1 c.p.
– Danneggiamento di informazioni e programmi
informatici – art.635 bis c.p.
– Danneggiamento di sistemi informatici o
telematici – art.635 quater c.p.
– Detenzione di materiale pornografico –
art.600 quater c.p.
– Deviazione di acque e modifiche dello stato
dei luoghi – art.632 c.p.
– Diffamazione – art. 595 c.p.
– Divieto di combattimento tra animali –
art.544 quinquies
– Esercizio arbitrario delle proprie ragioni
con violenza – artt.392-393 c.p.
– Evasione – art 385 c.p.
– Fabbricazione o detenzione di materie
esplodenti – art.435 c.p.
– False informazioni al P.M. – art.371 bis
– Falsità materiale del P.U. – art.477 c.p.
– Favoreggiamento personale – art-378 c.p.
– Favoreggiamento reale art.379 c.p.
– Frode informatica – art.640ter co.1-2 c.p.
– Frode in emigrazione art.645 c.p.co.1
– Frode nelle pubbliche forniture – art.356
– Frode processuale – art.374 c.p.
– Frodi contro le industrie nazionali –
art.514 c.p.
– Frode nell’esercizio del commercio – art.515
c.p.
– Furto – art.624 c.p.
– Gioco d’azzardo – art.718-719 c.p.
– Impiego dei minori nell’accattonaggio –
art.600 octies c.p.
– Incesto – art.564 1 co. C.p.
– Inadempimento di contratti di pubbliche
forniture art.355 c.p.
– Indebita percezione di erogazioni a danno
dello Stato – art 316 ter
– Ingiuria – art.594 c.p.
– Ingresso abusivo nel fondo altrui – art.637
c.p.
– Insolvenza fraudolenta – art.641 c.p.
– Interferenze illecite nella vita privata –
art. 615 bis
– Interruzione di pubblico servizio – art.331
c.p.
– Intralcio alla giustizia – art.377 c.p.
– Introduzione nello Stato e commercio di
prodotti falsi – art.474 c.p.
– Introduzione o abbandono di animali nel
fondo altrui – art.636 c.p.
– Invasione di terreni o edifici – art.633
c.p.
– Istigazione a delinquere – art.414 c.p.
– Istigazione a disobbedire alle leggi –
art.415 c.p.
– Lesione personale – art.582 c.p.
– Lesioni personali colpose art.590 c.p.
– Maltrattamento di animali – art.544 ter
– Malversazione a danno dei privati – art.315
c.p.
– Malversazione a danno dello Stato – art.316
bis
– Mancata esecuzione dolosa di un
provvedimento del giudice – art.388 c.p.
– Manovre speculative su merci – art.501 bis
c.p.
– Millantato credito – art.346 c.p.
– Minaccia – art. 612 c.p.
– Occultamento di cadavere – art.412 c.p.
– Oltraggio a P.U. – art.341 bis
– Oltraggio a un magistrato in udienza art.343
c.p.
– Omessa denuncia di reato da parte del P.U. –
art.361
– Omicidio colposo – art.589 c.p. co.1
– Omissione di referto – art.365 c.p.
– Omissione di soccorso – art. 593 c.p.
– Patrocinio o consulenza infedele – art.380
c.p.
– Peculato mediante profitto dell’errore
altrui – art.316 c.p.
– Percosse – art. 581 c.p.
– Possesso e fabbricazione di documenti di
identificazione falsi – art.497 bis co.1.
– Procurata evasione – art.386 co.1
– Procurata inosservanza di pena – art.390
c.p.
– Resistenza a P.U. – art. 337 c.p.
– Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul
pubblico mercato o nelle borse di commercio – art.501 c.p.
– Rimozione od omissione dolosa di cautele
contro gli infortuni sul lavoro – art.437 c.p.
– Rivelazione ed utilizzazione di segreti
d’ufficio – art.326 c.p.
– Rivelazione di segreti inerenti ad un
procedimento penale – art.379 bis
– Rifiuto di atti d’ufficio. Omissione –
art.328 c.p.
– Rissa – art.588 c.p.
– Simulazione di reato – art.367 c.p.
– Sostituzione di persona – art.494 c.p.
– Sottrazione o danneggiamento di cose
sottoposte a sequestro – art.334 c.p.
– Sottrazione di persone incapaci – art.574
c.p.
– Sottrazione e trattenimento di minori
all’estero – art.574 bis
– Stato d’incapacità procurato mediante
violenza – art. 613 c.p.
– Traffico d’influenze illecite – art.346 bis
– Truffa – art.640 c.p.
– Turbata libertà degli incanti – art.353
– Turbativa violenta del possesso di cose
immobili – art.634 c.p.
– Usurpazione di funzioni pubbliche – art.347
– Uccisione di animali – art.544 bis
– Uccisione o danneggiamento di animali altrui
– art.638 c.p.
– Vendita di sostanze alimentari non genuine
come genuine – art.516 c.p.
– Vilipendio delle tombe – art.408
– Vilipendio di cadavere – art.410 co.1
– Violazione, sottrazione e soppressione di
corrispondenza – art 616 c.p.
– Violazione di domicilio art.614 c.p.
– Violazione di domicilio commessa dal P.U. –
art. 615 c.p.
– Violazione di sepolcro – art.407 c.p.
– Violazione di sigilli art.349
– Violazione degli obblighi di assistenza
familiare – art.570 c.p.
– Violenza o minaccia a P.U. art.336 c.p.
– Violenza privata – art.610 c.p.
– Violenza o minaccia per costringere taluno a
commettere un reato – art.611 c.p.
Profondo sconforto delle forze
dell’ordine per la depenalizzazione dei reati minori: umiliati cittadini e
poliziotti! Riuscite ad immaginare lo sconforto da parte degli operatori di
Polizia - dichiara il
segretario nazionale della Consap Giorgio Innocenzi - a seguito di questo provvedimento di depenalizzazione? Provate un
attimo ad immaginare come dobbiamo sentirci noi poliziotti nel pensare che un
omicidio colposo, furto, le percosse, il maltrattamento di un animale, la
truffa, gli atti osceni, o una omissione di soccorso anche fatte sotto i nostri
occhi possono non essere più oggetto di condanna penale. Riteniamo che questa
forma di ingiustizia, non potrà fare altro che fomentare rabbia e sconforto tra
gli operatori di polizia ma anche tra la gente comune!”
“Il provvedimento di depenalizzazione dei reati minori sancisce un
balzo all’indietro della giustizia in Italia - dichiara Igor
Gelarda dirigente nazionale e Segretario regionale Sicilia del Sindacato di
Polizia Consap. Si tratta, nei fatti, di una specie di
amnistia preventiva nei confronti di numerosi reati, giacché lo Stato rinuncia
a perseguirli. Oggi come mai mi sento di sottoscrivere quanto dichiarato dal
mio conterraneo Leonardo Sciascia: Italia, altro che culla del diritto. Ne è la
bara! È vero che si tratta di reati che non sono gravissimi-
continuano dalla Consap- ma molti di questi influiscono
notevolmente sulla vita quotidiana della gente e la loro non punibilità farà
crollare sotto zero la percezione della sicurezza tra la brava gente, e farà
invece schizzare la percezione di farla franca da parte di chi invece tanto
bravo non è! Il carico giudiziario non si allenta in questo modo, ma
potenziando i tribunali, le strutture di detenzione e assicurando, piuttosto la
certezza della pena.”
durante i suoi mandati da Presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano è stato accusato – soprattutto dai politici Beppe Grillo e Antonio Di
Pietro, o dai giornalisti Marco Travaglio e Piero Ricca –
di essere troppo accondiscendente nei confronti di Silvio
Berlusconi, nei periodi in cui quest'ultimo ha ricoperto la carica
di Presidente del
Consiglio: in quest'ottica, Napolitano viene attaccato per aver
firmato alcune delle leggi approvate dal Parlamento su proposta del Governo,
giudicate «delinquenziali»[37][38] da
una parte dell'opposizione.
Nel 2008,
in occasione della promulgazione del lodo Alfano Beppe Grillo,
futuro capo delMovimento 5 Stelle, ha posto sul suo blog cinque domande
critiche a Napolitano, colpevole, secondo lui, di aver firmato e quindi
legittimato una legge anticostituzionale,[39] per
la quale è stato richiesto il pronunciamento da parte della Corte costituzionale (che il 19 ottobre 2009, con la sentenza n°
262, ha effettivamente ritenuto incostituzionale[40]);
il 21 maggio 2009, sul sito webdella Presidenza della Repubblica è stato pubblicato
un comunicato ufficiale[41] di
risposta alle critiche, mosse da un banner e da
un video pubblicati sul blog del
politico. Sempre a tal proposito, il presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi ha espressamente criticato
la scelta di Napolitano di firmare subito e soprattutto di usare come
motivazione, in risposta a una domanda specifica di un cittadino, il fatto che
«tanto se me le ripresentano uguale a quel punto sono costretto a firmarla».[42] Il
30 gennaio 2014,
lo stesso M5S ha depositato una messa in stato
di accusa nei confronti di Napolitano per attentato contro la costituzione,
motivando ciò con l'avallo di leggi incostituzionali e rispetto alle
vicende sulla trattativa Stato-mafia;[43] l'11
febbraio successivo, il comitato parlamentare chiamato a decidere in merito ha
respinto l'istanza d'impeachment, poiché ritenuta «manifestamente infondata»,
votando per la sua archiviazione.[44]
L'allora leader dell'Italia dei
Valori, Di Pietro, nel 2009 ha criticato Giorgio Napolitano in
occasione della promulgazione del cosiddetto scudo fiscale,
per aver firmato la legge senza rinvio alle camere: l'ex magistrato ha definito
la firma «un atto di viltà».[45] L'anno successivo, ancora il
fondatore dell'IdV ha dichiarato di valutare una richiesta d'impeachment per
Napolitano,[46] dopo
che qualche settimana prima delle elezioni regionali, a
seguito dell'esclusione delle liste del PdLin Lazio e Lombardia,
il Presidente della Repubblica aveva firmato nottetempo[47] il decreto-leggedel
governo per la riammissione degli elenchi esclusi.
Quando, nell'aprile del 2010, Napolitano ha promulgato la legge
sul legittimo impedimento del capo del governo
e dei ministri, i pubblici ministeri di Milano si
sono detti pronti a ricorrere alla Consulta per sollevare un'eccezione di
incostituzionalità[48] (con
la sentenza n° 23/2011, la corte ha poi ritenuto la legge parzialmente
incostituzionale[49]).
Successivamente, Romano Prodi lo sceglie come Ministro dell'Interno del suo governo nel 1996. Come primo ex comunista a occupare lamassima carica del Viminale, propone
con Livia
Turco[13] quella che diverrà nel luglio 1998 la legge Turco-Napolitano, che istituisce icentri di permanenza temporanea per gli immigrati clandestini. Mentre ricopre tale incarico, è molto criticato per non
aver attuato una tempestiva e adeguata sorveglianza su Licio Gelli, fuggito all'estero (dopo essere evaso dal carcere già nel
1983) il 28 aprile 1998, il giorno stesso della divulgazione della sentenza
definitiva di condanna per depistaggio e strage da parte della Cassazione; per
questi fatti il direttore di MicroMega, Paolo Flores d'Arcais, ne chiede le dimissioni.[14]
La Rivoluzione ungherese del 1956,
nota anche come insurrezione ungherese o semplicemente rivolta
ungherese, fu una sollevazione
armata di spirito anti sovietico
scaturita nell'allora Ungheria socialista che
durò dal 23 ottobre al 10 - 11 novembre1956. Inizialmente contrastata dall'ÁVH,[1] venne alla fine duramente repressa dall'intervento
armato delle truppe
sovietiche. Morirono circa 2652 Ungheresi (di entrambe le
parti, ovvero pro e contro la rivoluzione) e 720 soldati sovietici[2]. I feriti furono molte migliaia e circa 250.000 (circa il 3%
della popolazione dell'Ungheria) furono gli Ungheresi che lasciarono il proprio Paese
rifugiandosi in Occidente. La rivoluzione portò a una significativa caduta del
sostegno alle idee del bolscevismonelle nazioni occidentali.
Giorgio Napolitano, attuale Presidente della Repubblica italiana
(nel 1956 responsabile della commissione meridionale del Comitato Centrale del
PCI), condannò come controrivoluzionari gli insorti ungheresi.
« Il compagno Giolitti ha il diritto di esprimere le
proprie opinioni, ma io ho quello di aspramente combattere le sue posizioni.
L'intervento sovietico ha non solo contribuito a impedire che l'Ungheria
cadesse nel caos e nella controrivoluzione ma alla pace nel mondo. »
|
(1956: citato in Gian Antonio Stella, «Principe rosso», violò il
tabù del Viminale, Corriere della sera, 8 maggio 2006)
|
A 50 anni di distanza da quei fatti
Napolitano, nella sua autobiografia politica Dal PCI al socialismo
europeo, parla del suo "grave tormento autocritico" riguardo a
quella posizione, nata dalla concezione del ruolo del Partito comunista come
"inseparabile dalle sorti del campo socialista guidato dall'URSS",
contrapposto al fronte "imperialista". Il 26 settembre 2006 il Presidente
della Repubblica Giorgio Napolitano, in visita ufficiale in Ungheria, rende
omaggio al monumento ai caduti della rivoluzione e alla tomba di Imre Nagy,confermando definitivamente
di aver superato le posizioni assunte allora con il PCI di cui faceva parte[senza fonte].
Quando Napolitano
disse: "in Ungheria l'Urss porta la pace"
Nel 1956, all'indomani dell'invasione dei carri armati sovietici a Budapest, mentre Antonio Giolitti e altri dirigenti comunisti di primo piano lasciarono il Partito Comunista Italiano, mentre "l'Unità" definiva «teppisti» gli operai e gli studenti insorti, Giorgio Napolitano si profondeva in elogi ai sovietici. L'Unione Sovietica, infatti, secondo lui, sparando con i carri armati sulle folle inermi e facendo fucilare i rivoltosi di Budapest, avrebbe addirittura contribuito a rafforzare la «pace nel mondo»...
Nel 1956, all'indomani dell'invasione dei carri armati sovietici a Budapest, mentre Antonio Giolitti e altri dirigenti comunisti di primo piano lasciarono il Partito Comunista Italiano, mentre "l'Unità" definiva «teppisti» gli operai e gli studenti insorti, Giorgio Napolitano si profondeva in elogi ai sovietici. L'Unione Sovietica, infatti, secondo lui, sparando con i carri armati sulle folle inermi e facendo fucilare i rivoltosi di Budapest, avrebbe addirittura contribuito a rafforzare la «pace nel mondo»...
«Napolitano non venga a Budapest. Con il Pci appoggiò i russi invasori», tratto da il Giornale, 26.5.2006.
Un portavoce dei superstiti: "Tardivo il su ripensamento, chi pagò con la vita non vorrebbe essere commemorato da lui".
Hanno perdonato Boris Eltsin, erede dei loro carnefici. Potrebbero, sforzandosi, mandar giù anche un boccone indigesto come Vladimir Putin «l'opportunista» ma Giorgio Napolitano no, proprio no.
Il nostro presidente della Repubblica non merita sconti e in Ungheria non deve andare. Soprattutto in quei giorni, nel prossimo autunno, in cui a Budapest si ricorderanno i 50 anni dell'invasione sovietica. A lanciare il diktat è un gruppetto sparuto ma autorevole di magiari, quelli raccolti intorno a «56 Alapitvany» (Fondazione '56). Sono in diciannove, tutti accomunati dallo stesso destino: essersi ribellati agli occupanti venuti da Mosca e aver pagato per questo con duri anni di galera.
Per questo, l'altroieri, sono insorti quando hanno saputo che il presidente ungherese Laszlo Solyom aveva invitato per il prossimo autunno a Budapest anche Giorgio Napolitano. In nove hanno firmato una lettera-appello per chiedere che Napolitano non venga. O se proprio ci tiene a visitare l'Ungheria, lo faccia prima o dopo le commemorazioni. Facendo riferimento alla posizione presa dal Pci nel 1956, la lettera afferma che il documento di allora offrì sostegno internazionale ai sovietici che «repressero nel sangue il desiderio di libertà dell'Ungheria». E Laszlo Balazs Piri, tra i nove firmatari dell'appello, membro del board della Fondazione, già condannato a 3 anni e 6 mesi di reclusione per la sua partecipazione alla rivolta, rilancia: «Purtroppo i governi dei grandi Paesi occidentali non poterono aiutarci. L'opinione pubblica dei Paesi liberi era accanto a noi. Nello stesso tempo, però, in Paesi come Italia e Francia i Partiti comunisti erano allineati a Mosca. Furono d'accordo con questa resa dei conti sanguinosa contro la lotta di liberazione ungherese. Napolitano a quel tempo non era un bambino e aveva un'opinione».
A poco vale per i «reduci» della repressione sovietica il ripensamento del presidente italiano. Un dietrofront tardivo, sostengono. E Balasz Piri è categorico: «La comunità dei veterani del 1956 sente che quest'uomo non deve partecipare alle commemorazioni del '56 ungherese. Chissà cosa direbbero quelli che sono stati impiccati in seguito alla repressione».
Il 26 settembre 2006, a Budapest, Napolitano ha reso omaggio alle vittime della rivoluzione del 1956, soffocata nel sangue dai carri armati sovietici. In quell'occasione ha detto: "Ho reso questo omaggio sulla tomba di Imre Nagy a nome dell'Italia, di tutta l'Italia, e nel ricordo di quanti governavano l'Italia nel 1956 e assunsero una posizione risoluta, a sostegno dell'insurrezione ungherese e contro l'intervento militare sovietico". Non una dichiarazione sulle responsabilità sue e dei suoi «compagni» di partito, non una richiesta di perdono alle vittime (forse 25.000), non un'affermazione che definisse il comunismo «male assoluto».
….salvatore Borsellino ( fratello di Paolo Borsellino )
«Ritengo che quel 1°
luglio 1992, quando ci fu l’incontro tra Nicola Mancino e Paolo Borsellino,
mio fratello sia venuto al corrente della trattativa Stato-mafia. Non posso che
intuirlo: Paolo parla con il ministro dell’Interno e questi gli dice che deve
fermare le sue indagini sugli assassini di Giovanni Falcone perché lo Stato sta
trattando con la mafia».
È questa una delle
frasi choc di Salvatore Borsellino, pronunciata il 31 maggio scorso
durante un convegno sulla legalità ad Andria, presso l’auditorium della
parrocchia del Santissimo Sacramento. L’incontro è promosso dalla Casa
accoglienza Santa Maria Goretti e vi partecipa anche Saverio Masi,
uno dei carabinieri della scorta del pm palermitano Antonino Di Matteo.
Il leader del
movimento delle «Agende rosse» parla per oltre un’ora e accusa Mancino
di essere il principale protagonista della morte del fratello. Frasi
durissime: «Come pensate possa aver reagito Paolo» domanda retorico Salvatore
Borsellino «di fronte a un rappresentante dello Stato che gli dice che deve
fermare le indagini sull’assassinio di Falcone perché lo Stato sta trattando
con l’anti-Stato? Paolo deve aver avuto una reazione così violenta, così
assoluta, così terribile. Avrà minacciato anche di rivelare tutto all’opinione
pubblica, avrà minacciato di perseguirla come reato. A quel punto non esisteva
che una possibilità: eliminarlo. Eliminarlo in fretta».
Il fratello del
giudice, insomma, non ha dubbi: il senatore Mancino è stato uno dei
principali responsabili della strage di via D’Amelio. Sebbene ci sia un
processo in corso a Caltanissetta, il Borsellino ter, che cerca di far luce
su una delle stragi che nel 1992 ha sconvolto l’Italia. E sebbene sul banco
degli imputati non ci sia alcun politico. Ma il fratello di Paolo Borsellino
accusa ugualmente Mancino: «Perché nega quell’incontro, se non ha qualcosa che
gli pesa sulla coscienza? Sempre che abbia una coscienza quest’uomo! Paolo sa e
deve morire. La mafia lo aveva condannato a morte, ma non l’avrebbe ucciso
solamente dopo 57 giorni dall’uccisione di Falcone. La mafia non fa mai omicidi
così importanti a scadenza così riavvicinata. Ma portare avanti quella
trattativa non sarebbe stato possibile con Paolo in vita. Così è stato
sacrificato, insieme ai ragazzi della sua scorta».
Giovanni FAlcone e PAolo Borsellino , uccisi nel 1992 da Cosa Nostra ( Mandante Toto Riina )
Nicola Mancino ex Ministreo degli Interni
Giovanni FAlcone e PAolo Borsellino , uccisi nel 1992 da Cosa Nostra ( Mandante Toto Riina )
Nicola Mancino ex Ministreo degli Interni
La platea in piedi
applaude entusiasta. Di processi non c’è bisogno: basta la parola del leader
delle Agende rosse.
Il senatore Mancino,
attraverso i suoi difensori Massimo Krogh e Nicoletta Piergentili Piromallo,
dichiara a Panorama.it: «In occasione del mio insediamento ci fu
una grande affluenza di persone che venivano a congratularsi e a cui strinsi la
mano. Verosimilmente, strinsi anche la mano a paolo Borsellino con qualche
convenevole di rito. Ma sicuramente in quella confusione non affrontammo nessun
argomento di rilievo politico, d’altra parte inadatto a quella sede. Anche il
giudice che lo accompagnava, dr. Aliquò, ha dichiarato ai pubblici ministeri di
Palermo e di Caltanissetta che non ci fu nessun colloquio, ma solo una stretta
di mano».
Nel 1984 il
collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta dichiarò
al giudice Giovanni Falcone che «Ciancimino è nelle
mani dei Corleonesi» e per questo venne arrestato per associazione mafiosa nello stesso anno[17].
Nel 1992 venne
condannato definitivamente in Cassazione a 8 anni di reclusione per associazione mafiosa e corruzione[18].
Fu condannato inoltre a 3 anni e due mesi di carcere (pena condonata) per
peculato, interesse in atti d'ufficio, falsità in bilancio, frode e truffa
pluriaggravata nel processo per i grandi appalti di Palermo e
a 3 anni e 8 mesi per aver pilotato due appalti comunali quando non aveva più
cariche pubbliche[19].
Pochi giorni prima che morisse, il comune di Palermo gli
presentò un'ingente richiesta di risarcimento, pari a 150 milioni di euro, per
danni arrecati all'amministrazione comunale: ne furono recuperati solo sette[17].
Nel 2009,
in relazione a tale vicenda, sono stati ascoltati come testimoni anche i
politici Nicola Mancino, il quale ha dichiarato di non averne mai saputo nulla[57] e Luciano Violante,
il quale invece ha dichiarato di essere venuto a conoscenza di questo dialogo
tra il Ros e Ciancimino[58].
L'ex ministro dell'Interno, Nicola Mancino è stato indagato, il 9 giugno 2012
dalla procura di Palermo nell'ambito dell'inchiesta sulla cosiddetta trattativa
tra Stato e mafia, con l'accusa di falsa testimonianza[59] e
sottoposto a intercettazioni telefoniche mentre parlava con Giorgio Napolitano[60].
Intercettazioni Napolitano-Mancino
distrutte nel carcere dell'Ucciardone
Quando
in una scuola manca la carta igienica pensate alla corruzione. Quando vostro
figlio cerca lavoro in un call center in India pensate alla corruzione. Quando
manca un posto letto in ospedale pensate alla corruzione. Quando vedete strade
distrutte, mondezza dovunque, infrastrutture ferme da anni, pensate alla
corruzione.
La parola CORRUZIONE deriva dal latino “corrumpere” (rompere in tanti pezzi). Se oggi lo stato sociale è distrutto, disintegrato, frantumato in 1000 pezzi è per via della corruzione.
#MafiaCapitale è
un sistema. Sappiamo come funziona, esattamente come il MOSE, l'EXPO, la TAV,
il TAP o tante altre grandi opere.
Politici affidano appalti gonfiati (tanto
paghiamo noi) a boss del crimine o di multinazionali (a volte i soggetti
coincidono) che li ripagano con tangenti o pacchetti di voti.
Poi
un passaggio importante: “Informammo tutti, gli enti locali, la stampa, i
ministri interessati” tra cui anche l’allora ministro dell’Interno Giorgio
Napolitano “ed anche il Presidente del Consiglio” dice ai microfoni di
Fanpage.it. “Feci inserire l’area del litorale domitio e della discarica di
Pianura nei siti di interesse nazionale da bonificare, più di questo cosa
dovevamo fare?”.
Sono
passati sedici anni e le rivelazioni di Schiavone sono ritornate a galla. “Se
un pentito diventa un guru siamo messi davvero male” commenta amaro Scalia, che
sulle responsabilità però ha le idee chiare. “Andavano fatte le bonifiche lo
Stato non è intervenuto ed i governi hanno enormi responsabilità” ed ancora
“quando facevamo le audizioni c’erano anche assessori comunali, regionali e
provinciali” ed erano a conoscenza della situazione. L’ex esponente verde
racconta di aver partecipato alla recente manifestazione “Fiume in piena”, lo
scorso 16 novembre a Napoli: “Quando andavamo sui territori ascoltavamo anche
associazioni e piccoli imprenditori e tutti ci denunciavano la situazione dello
sversamento illegale di rifiuti pericolosi, quelle voci sono state lasciate
sole per troppo tempo”. Per Scalia dunque oltre allo Stato le responsabilità
sul silenzio calato sul dramma dei veleni sversati in Campania vanno ricercate
anche nelle comunità locali.
Caserta - Un
documento che risale al 1997 e che dimostra come quanto accaduto in provincia
di Caserta, con lo smaltimento illecito dei rifiuti, fosse in realtà ben noto a
buona parte della politica. E' l'audizione di Lucio Di
Pietro (allora
sostituto procuratore presso la Direzione nazionale antimafia) e di Federico Cafiero de Raho (sostituto procuratore della Dda di
Napoli) davanti alla commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti
sulle attività illecite ad esso connesse. Un'audizione nel corso della quale Di
Pietro racconta dei fanghi del depuratore di Villa Literno utilizzati per
concimare i terreni coltivati ed il dottore de Raho si spinge a dire, proprio
relativamente a quella che diventerà poi parte della Terra dei fuochi, che il
casertano "è la peggiore zona d'Italia". Siamo a dicembre del 1997,
il centrosinistra ha vinto da poco più di un anno le elezioni con Romano Prodi
e, all'alba della prima crisi di quattro che caratterizzeranno quella
maggioranza, viene istituita la commissione. Le parole dei magistrati sono
chiaramente relativi alle 'prime scoperte' effettuate indagando sul traffico
dei rifiuti del Nord Italia del clan dei Casalesi. E tutto viene registrato. E,
immaginiamo, portato al vaglio del governo. Un governo che aveva come presidente
del Consiglio dei Ministri Romano
Prodi, ma, soprattutto, con 'delegati' nei vari ministeri che
ancora oggi sono sulla scena politica nazionale. Basti pensare a Walter Veltroni (allora vice presidente del
Consiglio), Anna
Finocchiaro, Livia Turco, Lamberto Dini, Piero Fassino, Carlo Azeglio Ciampi, Vincenzo Visco, Pier
Luigi Bersani, Rosy
Bindi finendo
con l'attuale capo dello stato Giorgio Napolitano che era ministro
dell'Interno. Tutte persone che, oggi, si definiscono 'stupite' da quello che
sta accadendo a Caserta e Napoli e che invece, dai documenti, sembra davvero
difficile pensare che 'non sapessero'. Anzi, ci verrebbe da dire: non potevano
non sapere.
Napolitano non risponde
alle mamme della Terra dei fuochi
Il rinnegato del comunismo
non si era accorto per niente del traffico dei rifiuti in Campania quando era
ministro dell'Interno
Contestato a napoli:
“Napolitano non sei il mio presidente”
http://www.informarexresistere.fr/2014/04/30/assassinato-dallo-stato-per-servire-lo-stato
È morto Roberto Mancini, il sostituto commissario che scoprì la Terra dei fuochi. Ucciso dal cancro. Abbandonato prima da Napolitano e poi dal parlamento.
http://www.informarexresistere.fr/2014/04/30/assassinato-dallo-stato-per-servire-lo-stato
È morto Roberto Mancini, il sostituto commissario che scoprì la Terra dei fuochi. Ucciso dal cancro. Abbandonato prima da Napolitano e poi dal parlamento.
A Roma l'ultimo saluto a Mancini, il poliziotto che denunciò la terra dei fuochi
Due donne che vivono nella Terra dei fuochi e che hanno visto morire di cancro i loro figli, Marzia Caccioppoli e Tina Zaccaria, hanno chiesto risposte precise a Giorgio Napolitano nell'inchiesta televisiva “Inferno atomico”, andata in onda su La 7 del 29 dicembre scorso. Napolitano, che è stato ministro dell’Interno dal 1996 al 1998, proprio durante l’audizione del camorrista Schiavone alla Commissione parlamentare antimafia del ’97, avrebbe potuto rispondere due giorni dopo con il suo messaggio di fine d’anno, ma non lo ha fatto.
Con i loro bambini morti non per caso ma per
precise scelte a suo tempo fatte, come sottolinea il boss Schiavone nella
stessa trasmissione, da tantissime imprese dell’intera Europa in combutta con
la camorra e con il beneplacito implicito di svariate autorità che si sono
voltate dall’altra parte pur di non vedere, le due madri rappresentano in
realtà tante migliaia di madri che hanno visto negli ultimi anni i loro figli
morire di cancro in numero di gran lunga superiore al normale, uccisi da quel
lurido groviglio di interessi che per un trentennio ha dominato il ciclo dei
rifiuti soprattutto nelle province di Napoli e Caserta, ma in realtà in tante
altre parti del Meridione italiano.
Le mamme hanno inviato centocinquantamila
cartoline con le foto dei loro figli al presidente Napolitano, al capo del Governo
Letta e al presidente della Regione Campania Stefano Caldoro, (FI), per
sollecitare la bonifica del territorio e per chiedere verità sulla tragedia dei
rifiuti, ma le cartoline sono soprattutto un implicito atto di accusa nei
confronti di chi, Giorgio Napolitano, era ministro dell’Interno nel 1997,
quando il boss camorrista Schiavone depose dinanzi alla Commissione
parlamentare antimafia, mostrando già allora dettagliatamente e con crudezza
l’entità del disastro, la rete di complicità istituzionali e politiche che per
decenni hanno assistito l’affare scandaloso dei rifiuti nella stessa terra
d'origine, non lo si dimentichi, di Napolitano.
Costui sapeva bene, da ministro dell’Interno,
ciò che dettagliatamente Schiavone aveva riferito alla Commissione e, anche
volendo ammettere la liceità della secretazione dei verbali per non allarmare
l’opinione pubblica, avrebbe dovuto almeno fare qualcosa, intraprendere qualche
iniziativa di bonifica di concerto con il suo governo, iniziare a invertire la
tendenza fatta di inerzie e di responsabilità che sarebbe continuata per i
successivi sedici anni, e non solo non ha fatto nulla, ma addirittura non risponde
a chi ha avuto nella vita la disgrazia peggiore, quella di seppellire il
proprio figlio.
Non appena iniziano ad infuriare le prime polemiche a seguito del suo discorso di capodanno, dove ci si aspettava almeno un cenno al problema dei rifiuti tossici e dove non si è degnato di rispondere alle madri, il rinnegato del comunismo si è limitato a scrivere una lettera a don Maurizio Patriciello, il parroco di Caivano (Napoli), impegnato da anni in prima linea nella denuncia dei crimini ambientali.
Giusta e meritata dunque la contestazione che ha
preso di mira Napolitano il 6 gennaio scorso, quando un gruppo di manifestanti
proveniente dalla Terra dei fuochi lo ha raggiunto sotto villa Rosebery, a
Napoli, dove egli trascorreva le vacanze natalizie. “Stop al biocidio” e
“Napolitano non sei il mio presidente” c'era scritto sugli striscioni.
“Volevamo consegnare un dossier di 54 pagine al presidente per fargli capire
cosa è successo nelle nostre terre, come hanno avvelenato i nostri figli e
ucciso il nostro futuro”. La polizia ha allontanato i manifestanti, diversi
provenienti da Giugliano, la cittadina alle porte di Napoli avvelenata dalle
discariche abusive e ufficiali.
15 gennaio 2014
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